LA DESTINAZIONE FINALE DEL REGNO UNITO È ANCORA AVVOLTA DALL'INCERTEZZA

Ad una settimana dall’uscita ufficiale del Regno Unito dall'UE, le linee di battaglia post Brexit sono già state ridisegnate da Michel Barnier, (principale negoziatore della Brexit della Commissione europea), il quale ha avvertito il Regno Unito sulle conseguenze di staccarsi da Bruxelles. All’opposto Johnson ha sottolineato più volte, in vari discorsi, la volontà di ricorrere, se necessario, ad accordi commerciali di base disciplinati dalle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio (WTO), nel caso in cui un accordo commerciale globale non venga raggiunto entro la fine del priodo di transizione.

Inoltre, l'emergere dell'opzione Australia è una nuova svolta nella storia della Brexit. Finora i politici pro-Brexit hanno citato l'accordo commerciale dell'UE con il Canada come esempio del tipo di accordo: al di fuori del mercato unico dell'UE e dell'unione doganale, ma con tariffe sui beni per lo più ridotte al minimo. Il confronto invece con l'Australia ha lasciato perplessi molti esperti del commercio proprio perché i due stati non hanno alcun accordo di libero scambio. A parte alcune piccole offerte secondarie sull'aviazione, commerciano sulla base delle regole della WTO con tariffe e dazi di accompagnamento.  Barnier ha poi presentato la posizione di Bruxelles sui negoziati, un progetto di mandato negoziale che deve ora essere firmato dai 27 paesi membri prima che i colloqui inizino effettivamente a marzo. Barnier ha stabilito le rigide regole che il Regno Unito dovrà seguire se Johnson optasse per un accordo commerciale ambizioso, ossia, per un commercio senza attriti e senza tariffe, affermando che ora spetta al Regno Unito decidere come muoversi.

Il sostegno di tutto il Regno Unito nell'accordo di recesso di maggio, includeva un'unione doganale di fatto. L’accordo della signora May implicava quindi molta meno incertezza di quanta non se ne prospetta ora. Non da ultimo, aveva reso impossibile l’idea di una Brexit No-deal ai termini del WTO che molti nel mondo degli affari temono ora per dicembre 2020. Al contrario, l'accordo di recesso di Johnson lascia aperta la possibilità di una Brexit senza accordi alla fine dell'anno. In effetti, insistendo sul fatto che non estenderà la transizione, ha presumibilmente reso più probabile un simile risultato.

In merito a questo, come ha sottolineato Sam Lowe del Center for European Reform, la flessibilità non è gratuita e, se il Regno Unito volesse riservarsi il diritto di divergere dalle norme dell'UE, dovrà affrontare costi significativi, perdita di accesso al mercato e oneri per le imprese. Questa incertezza continua porta a diverse implicazioni; a livello macroeconomico, è difficile prevedere il boom della Brexit o gli investimenti delle imprese. In secondo luogo, mentre le imprese possono presumere che, anche se verrà raggiunto un accordo con l'UE, saranno imposti controlli sul commercio tra Regno Unito e UE, non si sa ancora con certezza che tipo di controlli, a chi si applicheranno e che tariffe potrebbero essere applicate. Infine, vale la pena ricordare che lo scopo principale di questo periodo di transizione era eliminare la necessità di ripetuti adeguamenti alle mutevoli condizioni commerciali. Fornire quindi un ponte temporale rendendo vita più facile alle imprese, eppure sembra possibile la prospettiva di un'altra scogliera o di un accordo limitato entro la fine di quest'anno.

Fonte: The Financial Times