BREXIT E INVESTIMENTI

L'incertezza sulla Brexit porta ad un calo degli investimenti, ma tuttavia questi non si fermano

La CBI (Confederation of British Industry) sostiene una previsione che vede gli investimenti nel business UK scendere bruscamente quest'anno, attribuendo questo calo ai timori di una Brexit "senza accordo". Il track record del team di economia del CBI è relativamente buono, e la spiegazione sottostante ampiamente corretta. Ma tutto ció non è una novità. Infatti, si era giá a conoscenza del fatto che gli investimenti fossero calati, sin dalla votazione per l’uscita dall'UE nel 2016. In effetti, gli investimenti hanno iniziato a stabilizzarsi proprio nel 2015, quando è stata approvata la legislazione per indire il referendum.

Inoltre, gli investimenti delle imprese erano già diminuiti dell'1,5% tra il primo trimestre del 2018 e il primo trimestre del 2019. Le previsioni della CBI dell'1,3% di calo nel 2019 sono quindi poco più di un'estrapolazione della debolezza riscontrata nell'ultimo anno.

Gli investimenti delle imprese sono aumentati leggermente, dello 0,4% nel primo trimestre rispetto all'ultimo trimestre del 2018. Tuttavia, ciò è stato determinato dagli investimenti in edifici e strutture. Il crollo dell'ultima PMI delle costruzioni indica peró che questi investimenti non sono stati sostenuti e la debolezza delle PMI di altri settori conferma che il Regno Unito è tornato nella “corsia lenta”. Gli investimenti quindi, sembrano propensi a scendere nel 2019 per il secondo anno consecutivo.
Questo è coerente con altri indicatori di investimento. Infatti, gli investimenti esteri diretti (FDI – Foreign Direct Investment) nel Regno Unito hanno tenuto relativamente bene, ma questo è dovuto alle attività di fusione e acquisizione e alla caduta della sterlina, che ha ridotto il costo degli asset inglesi per gli acquirenti stranieri. I dati ufficiali relativi a tali investimenti, pubblicati dalla DIT (Department for International Trade), non offrono segnali incoraggianti, mostrando una diminuzione del numero totale di progetti. Tuttavia il Dipartimento fa riferimento alla generale flessione degli investimenti su scala globale ed alla grande resilienza del Regno Unito, nonostante la questione Brexit. I dati tracciati da fDi Markets mostrano anche che gli investimenti transfrontalieri in nuovi progetti fisici, o l'espansione di un investimento esistente che genera nuovi posti di lavoro e investimenti di capitale, sono diminuiti bruscamente.

Innagabile il fatto che l’incertezza legata all’esito della Brexit non infici la salute economica del paese, scoraggiando anche gli investimenti. Ad un estremo, molti Remainers (coloro che vorebbero rimanere nell’UE) confondono l'incertezza della Brexit con la Brexit stessa, concludendo che l'unico modo per ottenere di nuovo un aumento degli investimenti sia fermare la Brexit. Questo è da considerarsi errato su piú livelli.

L'annullamento della Brexit richiederebbe presumibilmente elezioni anticipate o un secondo referendum, o probabilmente entrambe, prolungando ulteriormente l'incertezza. E a meno che l'esito di un altro referendum non sia una vittoria chiara, é probabile che una parte contesti ancora il risultato.

Inoltre, ci sono buone ragioni per ritenere che l'attuale debolezza degli investimenti sia solo temporanea. Ad esempio, l'ultimo sondaggio sull'attrattività del Regno Unito (da EY) riporta che il 15% degli investitori ha sospeso uno o più progetti a causa della Brexit – ma si tratta di una "pausa", non di una cancellazione dell’ivestimento. Il Regno Unito sta ottenendo risultati migliori rispetto ad altri paesi europei mantenendo alta l’attratività a lungo termine come sede commerciale e Londra domina ancora nel Global Financial Center Index (GFCI). Il Regno Unito si conferma infatti primo destinatario di FDI in Europa. I principali settori d’investimento, secondo il DIT sono: Tecnologia, Scienze (biotecnologie, farmaceutica...) e Servizi finanziari.

Questo supporta l'idea che si tornerà ad investire una volta che l'incertezza Brexit verrà superata. Naturalmente, ciò dipenderà in parte dalla modalità di uscita del Regno Unito e dalle relazioni a lungo termine che ne conseguiranno. Ma anche se il Regno Unito dovesse lasciare l’UE il 31 ottobre senza un accordo, molte aziende preferirebbero sicuramente la certezza di alcune perturbazioni a breve termine, per le quali entrambe le parti sono meglio preparate, piuttosto che continui tentennamenti senza sapere cosa succederà in futuro. Uscire prima o poi, accordo o meno, permetterebbe al nuovo team in carica di procedere con pacchetto di procedure più ampio atto a mantenere e migliorare l'attrattivà degli investimenti nel Regno Unito.

Fonte: CAPX