IL PIANO DI JOHNSON È POPOLARE A LONDRA, MA BRUXELLES VORREBBE DEI CAMBIAMENTI

L'Unione europea è "aperta ma non convinta" rispetto alle nuove proposte del Governo britannico per un accordo sulla Brexit, ad affermarlo è il presidente del Consiglio europeo. Donald Tusk è stato tra le più importanti voci UE ad esprimere dubbi sul piano di recesso di Boris Johnson. Lo stesso piano sta trovando invece riscontro favorevole tra i parlamentari britannici, che in precedenza avevano respinto per ben tre volte l'accordo di Theresa May.

Come sempre detto, il confine tra Irlanda del Nord e Irlanda rimane il punto critico. Il Primo Ministro irlandese Leo Varadkar ha affermato che i nuovi piani per l'accordo di recesso sono ben accetti, ma non soddisfano alcuni aspetti. A tal proposito, lo stesso afferma che l'Irlanda non darà il consenso ad un accordo che prevede controlli doganali al confine. Johnson, però, non ha escluso di mantenere il contenzioso accordo di backstop, con una condizione cruciale: che l'Europa ponga un chiaro limite di tempo. Inoltre, i leader europei sono ancora incerti se Johnson sia realmente aperto a negoziati profondi o stia concentrando solamente di attrarre attenzione per una possibile campagna elettorale.

Nelle ultime ore, Johnson ha accettato di chiedere l'estensione dell'articolo 50, nel caso in cui non riuscisse a raggiungere un accordo sulla Brexit entro il 19 ottobre. I documenti governativi, presentati alla Court of Session in Scozia, affermano che il primo ministro invierà una lettera per chiedere la proroga, nonostante l’insistenza dello stesso PM sul fatto che non voglia ritardare l’uscita. La rivelazione è emersa quando il primo ministro ha affrontato un'altra sfida legale nel più alto tribunale di Scozia, dove i firmatari anti-Brexit stanno cercando un ordine per costringerlo a rispettare la legge. Il caso è stato proposto dalla deputata del SNP Joanna Cherry e dall'avvocato Jolyon Maugham insieme a Vince Dale. La procedura scozzese nota come "nobile officium”, consente al tribunale di agire urgentemente per far rispettare la legge in circostanze eccezionali o impreviste. Nel frattempo, Johnson continua i suoi sforzi per convincere Bruxelles a mostrare flessibilità sul nuovo piano. Insieme al suo principale negoziatore, David Frost, continua colloqui a livello tecnico per determinare se i negoziati formali possano procedere. I leader UE avrebbero fissato come data limite l'11 ottobre affinché il Regno Unito modifichi le sue proposte, altrimenti non vi saranno negoziati formali prima del vertice europeo il 17 ottobre. Johnson ha qundi una sola settimana per salvare il suo piano.

Dal punto di vista economico, secondo una serie di economisti e investitori, se la Gran Bretagna uscisse dall'Unione Europea senza un accordo, gli effetti a catena minerebbero un'economia globale già piuttosto fragile. "Temo molto per il Regno Unito, ma anche per ciascuno degli Stati membri dell'UE", ha detto l'ex primo ministro italiano Mario Monti. "Questo è un grosso problema per il mondo", ha affermato Tom di Galoma, amministratore delegato della società statunitense Seaport Global Holdings LLC, definendo il no-deal "un rischio di tipo catastrofico". Bloomberg Economics prevede una recessione nel Regno Unito in caso di mancato accordo; la Banca centrale europea vede spillover nell'area dell'euro. Tale impatto sarebbe probabilmente diffuso in modo disomogeneo, ha detto il mese scorso il policy maker della BCE Oli Rehn.

Fonte: Bloomberg & Indipendent