La Francia importa tre quarti del proprio consumo di salmone, gamberi e tonno, e l’acquacoltura copre solo l’8,7% del fabbisogno. Infatti, dal 20 aprile, tutti i prodotti ittici consumati in Francia sarebbero importati. È questo il calcolo dell’Aquaculture Stewardship Council (ASC), una ONG indipendente, che cerca di migliorare l’allevamento di pesci, molluschi, alghe e crostacei. “Sono tre anni che guardiamo a questa giornata di dipendenza dalle importazioni, che cade sempre prima”, osserva Camille Civel, la direttrice. “Nel 2022 era il 2 maggio e l’anno scorso il 23 aprile”, segno di un costante aumento della domanda. In Francia, secondo l’Alta Commissione per la Pianificazione, la produzione, tenendo conto della pesca e dell’acquacoltura, coprirebbe solo il 30% del fabbisogno. “Ogni francese consuma circa 32 kg di frutti di mare all’anno”, sottolinea Philippe Vallette, oceanografo della Fondation de la Mer ed ex capo di Nausicaa. “Vanno pazzi per il salmone, i gamberi e il tonno”. Nel mondo, secondo l’esperto, la produzione dell’acquacoltura ha raggiunto lo stesso livello di quella della pesca lo scorso anno, con allevamenti giganteschi in Cina, Vietnam, ma anche in Norvegia, Irlanda e Cile. La Francia è in ritardo. L’acquacoltura, con 190.000 tonnellate all’anno, copre solo l’8,7% del contenuto dei piatti, principalmente con ostriche e cozze (144.000 tonnellate), molto più avanti della piscicoltura, principalmente trote. Per quanto riguarda la piscicoltura marina, sono costituite solo una ventina di aziende. “Abbiamo però dei gioielli come Aquafrais a Cannes, un allevamento di spigole e orate, circa 800 tonnellate”, continua Philipe Vallette. Ma non appena emerge un progetto, le associazioni si scatenano. Gli investitori sono sempre più interessati a questo mercato. Soprattutto per il salmone, quasi tutto importato, di cui i francesi sono ghiotti. (ICE PARIGI)

Fonte notizia: CD/MC - LES ECHOS 14/06/2024