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24 Novembre 2025

Svizzera

ESPERTO: "ACCORDO CON USA È SOLO TREGUA, BERNA DI FRONTE A RICATTO"

In tema di dazi, quanto concordato tra Svizzera e Stati Uniti somiglia più a una tregua temporanea che a una soluzione stabile. Ne è convinto il professor Simon Evenett, tra i maggiori esperti di politica commerciale, che vede nella posizione americana una logica di pressione continua. La vera questione, sostiene, è capire quando il prezzo da pagare per accedere al mercato statunitense diventerà insostenibile.“L’accordo è solo una tregua”, afferma Evenett in un’intervista pubblicata dalla Neue Zürcher Zeitung. “La sua durata dipenderà esclusivamente dagli Stati Uniti. Se qualcosa non piacerà a Washington, le tensioni torneranno. È esattamente ciò che sta accadendo con l’Unione europea, con cui era stata firmata un’intesa simile in luglio”. Da allora, gli Usa hanno nuovamente alzato la pressione su Bruxelles, avanzando nuove richieste. “Questo è il vero problema: accordi di questo tipo generano sempre ulteriori pretese”.Secondo il docente dell’IMD di Losanna, l’Ue, grazie al suo peso economico, ha più margine per opporre resistenza. “Gli americani temono di più le reazioni dell’Europa che quelle della Svizzera. Una volta che la Confederazione ha ceduto una volta, potrà essere chiamata a farlo ancora”. Inoltre, osserva, l’intesa annunciata la scorsa settimana non ha valore vincolante: “Parlare di accordo definitivo è fuorviante. Non si tratta nemmeno di un accordo commerciale tradizionale. Oggi gli Stati Uniti non cercano più trattati di libero scambio, ma aperture unilaterali da parte dei partner. Se qualcuno a Berna pensa che questo porterà a un futuro accordo di libero scambio, si illude”.Nemmeno un cambio alla Casa Bianca cambierebbe la situazione. “Se Trump venisse sostituito da un democratico, la posizione americana diventerebbe ancor più rigida. Da anni i presidenti democratici non chiedono mandati per nuovi accordi di libero scambio, frenati dai sindacati”.Particolarmente singolare, secondo Evenett, è l’impegno a ridurre a zero entro il 2028 il deficit commerciale Usa nel settore dei beni. “È raro che venga indicata una scadenza così precisa”. Una promessa, peraltro, impossibile da garantire: “La bilancia commerciale riflette le decisioni delle imprese. Ma Washington non accetta questa realtà: insiste sul ruolo della politica statale e pretende risultati”.Non mancano, nell’intervista, giudizi netti su chi sostiene che la Svizzera sarebbe più forte affrontando gli Usa assieme all’Ue. “È un argomento fuorviante, utile solo a giustificare l’adesione all’Unione”, afferma. Nel frattempo, aggiunge, Bruxelles dovrà prepararsi a pressioni molto più intense di quelle rivolte alla Confederazione, soprattutto sulle catene di approvvigionamento, le normative digitali e il clima. “Il dazio del 15% imposto oggi agli europei potrebbe salire ancora”.La Svizzera può sperare in una riduzione dei dazi? “Solo se gli Stati Uniti penseranno che ciò aiuti a contenere il costo della vita. L’unico vero criterio è l’impatto sugli elettori”. Anche un’eventuale bocciatura dei dazi da parte della Corte Suprema avrebbe effetti limitati: “Le tariffe verrebbero abolite, ma Washington potrebbe reintrodurle per altri 180 giorni con una nuova motivazione. Cambierebbe poco, ma ci sarebbe molto teatro”.Evenett invita inoltre a non illudersi che l’uscita di scena di Trump risolva il problema. “I dazi imposti contro la Cina durante il suo primo mandato sono stati mantenuti da Biden. Se le tariffe americane non vengono eliminate entro due anni, di solito restano a lungo”.Resta poi il nodo dei 200 miliardi di investimenti che dovrebbero affluire negli Usa da parte di investitori privati. “Gli americani potrebbero un giorno dire che la promessa non è stata rispettata, ma avranno sempre un pretesto. Non si tratta di un vero negoziato, bensì di un rapporto di forza basato sul ricatto”. E qui il professore è categorico: “In un contesto di ricatto, la controparte avanzerà sempre nuove richieste. Il dibattito si concentra troppo sui dettagli e non sul quadro generale: chi vuole accedere al mercato statunitense viene messo sotto pressione. Il governo svizzero deve chiedersi fino a che punto è disposto a pagare. Finora il prezzo è solo sgradevole, ma arriverà il momento in cui rifiutare il gioco potrà diventare la scelta più responsabile”. (ICE BERNA)


Fonte notizia: awp/ats