
L’Era Indo-Pacifico: spostamento del baricentro economico e geopolitico globale
Il XXI secolo, oltre quattrocento anni dopo la realizzazione della mappa qua accanto delle Indie Orientali e delle Isole Adiacenti da parte di Abraham Ortelius, segna lo spostamento definitivo del baricentro dell’economia mondiale verso l’Asia-Pacifico - o, come viene sempre più spesso indicato nella letteratura accademica contemporanea, l’Indo-Pacifico, una definizione che da maggiore risalto al crescente ruolo geo-economico dell’India.
Questa vasta regione – che include l’Asia meridionale ed orientale, l’Indo-Pacifico e il Pacifico – ospita oltre il 60% della popolazione mondiale [1] ed è già il motore principale della crescita globale.
Come ha ricordato Josep Borrell, ex Alto Rappresentante UE, “il centro di gravità del mondo si sta spostando verso l’Indo-Pacifico sia in termini geo-economici che geopolitici” [2].
Analogamente, il think tank statunitense Stimson osserva che l’Indo-Pacifico include “più di metà della popolazione mondiale, circa due terzi dell’economia globale e sette delle maggiori potenze militari”, ed è stato definito proprio “il baricentro economico e geopolitico” del pianeta [3].
In sintesi, l’area dell’Indo-Pacifico si conferma oggi come epicentro di scambi, investimenti e innovazione, assicurandosi e proiettando un ruolo sempre più centrale nelle strategie future di imprese e governi.
Questo slittamento del baricentro economico e geopolitico globale è trainato principalmente, come vedremo qui di seguito, da tre fattori:
- rapido sviluppo economico dei paesi dell’area
- la loro crescita demografica ed urbanizzazione
- l’integrazione commerciale in parte favorita da nuovi accordi di libero scambio

Crescita economica e dinamiche nell’Indo-Pacifico
L’area Indo-Pacifico si distingue oggi per dinamiche di crescita assai superiori alla media mondiale. Secondo l’FMI, la crescita aggregata di Asia e Pacifico è stata di circa il 5% nel 2023 [4] e si prevede ancora attorno al 4–4,5% nel biennio 2024-2025 [5]. Vale a dire, cifre ben oltre il 3% della crescita globale stimato dall’FMI. Nel biennio 2022-2024 questa regione contribuirà approssimativamente al 60% della crescita mondiale [5]. Una quota spropositata se si considera che in termini di PIL complessivo l’Asia-Pacifico pesa “solo” intorno al 40–50% (dati FMI). In altre parole, il reddito prodotto in Asia e Pacifico è in media più dinamico e in accelerazione rispetto alle economie occidentali mature.
Questa tendenza è alimentata dalla forte domanda interna nei paesi emergenti, dalle politiche di stimolo in diversi stati asiatici, e dallo sviluppo di nuovi settori a valore aggiunto. Per esempio, secondo un’analisi di McKinsey (2024), tra il 2017 e il 2023 il commercio di merci in ASEAN è cresciuto del 6% annuo, in Cina e India oltre il 7%, in Vietnam l’8% [6]. Sono tassi ben superiori alla media globale del 3%. Ciò testimonia come l’Asia non solo continui a integrarsi sempre più internamente (57% del suo commercio rimane intra-regionale) [6], ma espanda anche i suoi scambi con il resto del mondo.
Dal punto di vista di medio-lungo periodo, le previsioni suggeriscono la persistenza di questa tendenza: l’IMF e la World Bank stimano che entro il 2030 l’Indo-Pacifico continuerà a dominare la crescita globale, sostenuto in larga parte da India e Asia Sud-orientale (oltre che da Giappone e Corea per il segmento avanzato). Nel rapporto Asia and Pacific – Resilient Growth but Higher Risks, l’FMI sottolinea che le economie dell’Asia e del Pacifico rimangono “il motore di crescita mondiale” [5], nonostante le incertezze geopolitiche e l’inflazione variabile.
In sintesi, l’area Indo-Pacifico mantiene oggi un vantaggio competitivo a livello di dinamismo economico e si sta confermando come la nuova frontiera dell’espansione globale.

Popolazione e urbanizzazione
Un altro fattore chiave del boom dell’Indo-Pacifico è la sua popolazione elevata e in crescita. Come rileva il Rapporto delle Nazioni Unite, su 8 miliardi di persone a livello mondiale quasi il 60% risiede nell’Asia-Pacifico [1]. Tra questi, l’India ha superato la Cina come Paese più popoloso, mentre l’ASEAN (Sud-est asiatico) ha oltre 670 milioni di abitanti. Questa enorme base di consumatori e lavoratori alimenta la domanda interna e giustifica piani infrastrutturali ambiziosi per reggere la crescita.
Parallelamente, l’urbanizzazione è un altro fenomeno esplosivo: oggi le città dell’Asia-Pacifico ospitano più della metà (circa il 54%) della popolazione urbana mondiale. Dal 2000 a oggi, decine di nuove metropoli si sono sviluppate nel sud-est asiatico (Jakarta, Manila, Kuala Lumpur, ecc.) e anche l’Asia meridionale (Delhi, Mumbai in India). Si stima che la popolazione urbana dell’area cresca dagli attuali 2,5 miliardi a circa 3,4 miliardi entro il 2050 [7]. Ciò comporta una domanda crescente di beni di consumo, servizi, case, trasporti e infrastrutture – un’occasione per imprese estere di tecnologia, edilizia, infrastrutture, energia e servizi.
Inoltre, la gioventù media della popolazione indiana e del Sud-est asiatico garantisce un potenziale di risparmio sociale ed economico in termini di forza-lavoro e innovazione. D’altro canto, il calo della popolazione in paesi avanzati (Europa, Giappone) rende l’ampio bacino demografico dell’Asia-Pacifico un mercato imprescindibile nei prossimi decenni. Il messaggio per le imprese italiane ed europee è chiaro: esportare prodotti e servizi di alta qualità ed investire in tecnologie all’avanguardia può incontrare una domanda sempre più ampia proprio nella regione fiorente dell’Indo-Pacifico.

Commercio globale e integrazione regionale
L’area Indo-Pacifico è anche il cuore pulsante del commercio mondiale. Secondo i dati WTO/ESCAP, nel 2021 circa il 41% delle esportazioni mondiali di merci aveva origine nell’Asia-Pacifico [8]. Non sorprende infatti che l’integrazione regionale in Asia sia molto avanzata: nel 2022 quasi il 57% del valore del commercio asiatico era scambio intra-regionale (contro una tendenza generale in calo in altre regioni). Questo indica catene del valore altamente integrate (componenti elettronici, auto, tessili) che attraversano molte frontiere asiatiche.
A livello multiregionale, i grandi accordi commerciali sottoscritti negli ultimi anni riflettono il peso strategico dell’Indo-Pacifico. Ad esempio, l’RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) – siglato nel 2020 tra i dieci Paesi ASEAN più Australia, Cina, Giappone, Corea del Sud e Nuova Zelanda – copre il 30% della popolazione e circa il 30% del PIL mondiale [10]. Questo lo rende il più grande patto commerciale storico in termini di popolazione e crescita del PIL. Allo stesso modo, il CPTPP (Comprehensive and Progressive Trans-Pacific Partnership), a cui fanno parte Canada, Australia, Giappone, Malaysia, Vietnam ecc., rappresenta un’area economica equivalente al 14-15% del PIL globale [11]. Con l’ingresso del Regno Unito nel 2023, il CPTPP arriverà a coprire il 15% del PIL mondiale.
Questa intensa integrazione commerciale è accompagnata da flussi di investimenti diretti esteri e joint-venture. Aziende cinesi, giapponesi e coreane investono in manufattura e infrastrutture in tutta l’Asia e oltre, mentre paesi come Singapore, Hong Kong e città cinesi fungono da hub finanziari. Nel complesso, la regione contribuisce in maniera crescente anche alle esportazioni di capitali verso il resto del mondo, diventando un pilastro della crescita globale. Come accennato in precedenza, l’IMF rileva che l’Asia-Pacifico genererà una quota nettamente maggiore di crescita economica mondiale (circa il 60% nel 2024) rispetto alla sua quota di PIL [12], evidenziando un trend strutturale di spostamento delle attività economiche verso est e sud-est.

Accordi di libero scambio e politiche commerciali
L’integrazione economica dell’Indo-Pacifico è sostenuta da una fitta rete di accordi di libero scambio multilaterali e bilaterali. Oltre al già citato RCEP e CPTPP, spiccano anche unioni economiche in formato più ampio. Ad esempio, l’Area di Libero Scambio ASEAN+ (ASEAN-Australia-NZ, ASEAN-Cina, ecc.) gradualmente abbassa dazi su prodotti agricoli e industriali, mentre nazioni europee come Regno Unito, Francia e Germania spingono verso un rafforzamento delle relazioni con la regione.
In questo contesto, l’Unione Europea ha avviato negoziati di partenariato e libero scambio con l’Australia e la Nuova Zelanda. La UE-Nuova Zelanda è già stata firmata nel luglio 2023 ed è entrata in vigore nel maggio 2024: secondo stime ufficiali UE, l’abolizione dei dazi dovrebbe far crescere i flussi commerciali tra UE e NZ del 30%, con un risparmio di circa 140 milioni di euro annui di dazi solo per le imprese UE [13]. I rapporti UE-Australia sono in fase avanzata di trattativa; una volta conclusi, questi accordi integreranno ulteriormente il bacino commerciale europeo con quello pacifico.
Va sottolineato che tali intese promuovono non solo il commercio di beni, ma anche la cooperazione in ambiti chiave (servizi, investimenti, regole digitali e norme ambientali). In pratica, esse ampliano l’accesso delle imprese europee, tra cui quelle italiane, ai mercati dinamici del Pacifico, garantendo condizioni più trasparenti e uniformi. Per le aziende italiane in particolare, ciò significa poter esportare prodotti di punta (macchinari, agroalimentare di alta gamma, moda) godendo di tariffe abbattute, mentre nel contempo aprire canali di investimento e partenariato in nuovi Paesi.

Australia e Nuova Zelanda: fulcro strategico dell’Indo-Pacifico
L’Australia e la Nuova Zelanda sono oggi considerate il “cuore strategico” dell’area Indo-Pacifico. Entrambi i Paesi godono di un’altissima stabilità politica e di istituzioni consolidate, fattori di primaria importanza per le imprese straniere. Con sistemi democratici solidi e governi affidabili, Australia e Nuova Zelanda figurano regolarmente nelle posizioni più alte dei ranking internazionali sulla facilità di fare impresa e sulla trasparenza (“Easy of Doing Business”). Ad esempio, l’Australia si colloca regolarmente tra le prime 15 economie al mondo per ambiente di business competitivo, grazie a burocrazia efficiente, protezioni legali per gli investitori e infrastrutture avanzate. La Nuova Zelanda è stata anche più volte citata come il miglior Paese al mondo in cui avviare un’attività economica, grazie a procedure snelle e all’adozione di norme chiare e favorevoli agli investimenti.
Dal punto di vista geografico, Australia e Nuova Zelanda rappresentano una perfetta “porta d’ingresso” verso i mercati asiatici. Collocata all’estremità meridionale dell’Oceania, l’Australia si trova a circa 7-8 ore di volo dalla Cina, 8-9 dal Giappone o Corea del Sud e 10-12 dall’Europa occidentale. La Nuova Zelanda, posizionata più a sud-est, offre un hub strategico di servizio per il Pacifico insulare e mantiene ottimi collegamenti aerei con Asia (soprattutto attraverso hub asiatici). Questa vicinanza a Stati asiatici densamente popolati e in rapido sviluppo significa che le aziende possono raggiungere mercati di centinaia di milioni di consumatori in poche ore. Inoltre, Australia e Nuova Zelanda fanno parte, come evidenziato prima, di importanti accordi multilaterali (RCEP e CPTPP includono entrambi i Paesi) [14, 15], garantendo accesso preferenziale ai grandi mercati dell’Asia e dell’Oceano Pacifico.
Questa collocazione geografica strategica si traduce anche in vantaggi pratici: le rotte commerciali attraverso l’Australia/Nuova Zelanda sono efficienti e con logistica avanzata (porti moderni, reti ferroviarie). Per di più, entrambi i Paesi investono molto nelle infrastrutture interne. Ad esempio, il governo neozelandese ha varato un piano triennale con oltre 62,7 miliardi di dollari neozelandesi (circa 35 miliardi di euro) destinati a creazione, rinnovo e manutenzione di strade, ferrovie, acquedotti, ospedali e scuole nei prossimi 5 anni [16]. Allo stesso modo, l’Australia presenta un piano di lungo periodo: l’Australian Government ha annunciato un “pipeline” decennale di investimenti infrastrutturali superiore a 120 miliardi di dollari australiani (oltre 75 miliardi di euro), distribuiti su trasporti, digitalizzazione, energia e progetti urbani [17]. Questi ingenti programmi pubblici (cofinanziati anche da Stati e privati) rendono i due Paesi mercati maturi per le aziende del settore costruzioni, ingegneria, edilizia, telecomunicazioni e energie rinnovabili.
Infine, Australia e Nuova Zelanda offrono un ambiente business-friendly: tassazione competitiva, incentivi per l’R&D, buone norme di protezione della proprietà intellettuale. L’Italia stessa ha riconosciuto il ruolo centrale di questi Paesi nell’Indo-Pacifico. L’Agenzia ICE di Sydney osserva che Australia e Nuova Zelanda possono essere considerate basi ideali per l’espansione italiana, in quanto fungono da “hub logistici” e culturali verso il mercato asiatico [18]. In sintesi, proiettarsi verso l’Indo-Pacifico passando per Australia/ Nuova Zelanda significa operare in un contesto stabile e affidabile, pur mantenendo rapide connessioni con i mercati emergenti di tutta la regione.
Opportunità settoriali per le imprese italiane
Le imprese italiane possono trovare numerose opportunità nei settori in cui il Made in Italy è forte, in sinergia con le esigenze di crescita dell’area Indo-Pacifico:
- Agroalimentare: l’aumento dei redditi medi nell’ Indo-Pacifico comporta una domanda crescente di alimenti di alta qualità e di nicchia (vino, olio d’oliva, formaggi, conserve). Per esempio, in Cina e nel sud-est asiatico si sta affermando un gusto per prodotti enogastronomici europei di fascia alta. Inoltre, Australia/ Nuova Zelanda sono grandi esportatori agricoli e zootecnici; le collaborazioni con aziende locali potrebbero aprire la filiera italiana verso paesi in cui il consumo pro capite di cibo sofisticato è in rapido aumento. La crescente urbanizzazion rende inoltre importante il settore della food processing e della distribuzione moderna, dove l’esperienza italiana in macchine alimentari e grande distribuzione organizzata può essere valorizzata.
- Energie rinnovabili e tecnologie green: Australia e Nuova Zelanda puntano con decisione sulla “transizione verde”. Nel 2023 le rinnovabili hanno coperto il 39,4% della produzione elettrica totale australiana [19] (con un incremento di capacità di 5,9 GW in quell’anno). La vincita del partito laburista australiano nel 2025 consoliderà questo orientamento ed ha quasi definitivamente affossato la possibilità di rilanciare la politica del nucleare portata avanti dalla coalizione Liberale-Nazionale. Anche la Nuova Zelanda è ricca di risorse rinnovabili (già oltre l’80% di elettricità da fonti pulite [20]) e ambisce al 100% di elettrico verde entro il 2030. Questo contesto di forte sviluppo di parchi eolici, solari, idroelettrici e di infrastrutture di stoccaggio invita investimenti nelle tecnologie di “clean tech”. Le aziende italiane specializzate in turbine, pannelli solari, smart grid, efficienza energetica e idrogeno possono proporre soluzioni avanzate. Anche il settore delle reti e degli impianti energetici (trasmissione, stoccaggio, mobilità elettrica) offre opportunità, viste le infrastrutture green in espansione.
- Moda, design e lusso: la “cultura del bello” italiana incontra un mercato asiatico sempre più interessato al lusso e allo stile occidentale. Gruppi di consumatori benestanti in Cina, Giappone, Corea, Australia e Nuova Zelanda cercano abiti, accessori, arredamento e automobili di alta gamma. Il settore moda italiano, in particolare, gode di grande appeal; marchi come Gucci, Prada, Armani sono riconosciuti in tutta l’Asia. Anche l’arredamento e il design (arredi, illuminazione, ceramiche, mobili) stanno registrando crescente interesse nei paesi anglosassoni del Pacifico, dove peraltro c’è forte richiesta di prodotti di qualità per edilizia residenziale di pregio e turismo di lusso. Le fiere e le partnership con distributori locali possono essere la chiave per penetrare questi mercati premium.
- Tecnologia e digitale: le economie di Australia e Nuova Zelanda sono tecnologicamente avanzate e molto connesse. Il settore ICT (tecnologie informatiche e digitali) ha alti tassi di penetrazione: da un lato i due Paesi importano software, hardware e soluzioni specializzate; dall’altro, investono in startup e ricerca. Anche l’industria manifatturiera (macchine utensili, robotica avanzata, navale) è in espansione in Australia e Nuova Zelanda, che hanno una solida base di settore minerario ed estrattivo da modernizzare digitalmente.
- Infrastrutture e costruzioni: come detto, entrambi i governi stanno finanziano enormi piani infrastrutturali [17]. Questo crea domanda per aziende specializzate in grandi progetti (autostrade, ponti, ferrovie, porti) e nei servizi connessi (tecnologie di viabilità, monitoraggio ambientale, costruzioni civili). A questo si somma la persistente difficoltà dell’Australia nel rispondere adeguatamente, complice la scarsità di manodopera specializzata, alla crescente domanda abitativa, alimentata da un flusso migratorio stabile e significativo. Le imprese italiane di ingegneria, edilizia e materiali innovativi (ad esempio, cementi speciali, vetri tecnici, componenti prefabbricati) possono candidarsi per gare e consorzi internazionali. Inoltre, la green economy estende il bisogno di infrastrutture a rete (reti elettriche smart, impianti idrici sostenibili, riciclo): aziende italiane di impianti idraulici ed energie pulite possono apportare know-how.
- Difesa e sicurezza: il contesto geopolitico nell’area Indo-Pacifico è in rapida evoluzione, con una crescente assertività della Cina e un orientamento più isolazionista da parte degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump guidata da una filosofia "America's First". Questo sta spingendo diversi Paesi della regione, come Australia e Giappone, ad aumentare i propri investimenti in difesa e sicurezza nazionale. Le aziende italiane operanti nei settori dell’aerospazio, difesa, sensoristica avanzata, cybersecurity e tecnologie dual use possono trovare interessanti opportunità di collaborazione e fornitura. La partecipazione a fiere specializzate e la cooperazione con le forze armate e le industrie locali possono facilitare l’ingresso in un settore altamente strategico e regolamentato.
Ognuno di questi settori si basa su punti di forza italiani (know-how produttivo, design, qualità), e va incontro alle esigenze in crescita dell’Indo-Pacifico (alimentazione sicura, energia pulita, stile di vita elevato, innovazione). È cruciale sottolineare l’importanza di R&D e collaborazione: spesso servono joint venture con partner locali o adattamenti prodotti. Ma in generale, il tasso di crescita dei consumi in Asia-Pacifico – insieme a politiche di sostegno (ad es. sussidi per energie rinnovabili) – rende questi comparti particolarmente dinamici [21, 22].
Politiche di libero scambio e cooperazione economica
Per sfruttare pienamente queste opportunità, è fondamentale considerare il ruolo degli accordi commerciali e delle politiche di mercato aperto. Australia e Nuova Zelanda partecipano da protagoniste, come evidenziato, ai principali blocchi indopacifici: entrambi i Paesi sono membri del CPTPP e del RCEP. Ciò implica che le esportazioni italiane verso quei Paesi entrano in un contesto di tariffazione vantaggiosa sulle materie prime e sugli input, potendo poi “rimbalzare” sui mercati vicini. Parallelamente, la potenziale conclusione di accordi di libero scambio UE–Australia e UE–Nuova Zelanda (in corso di trattativa) semplificherà ulteriormente l’accesso ai mercati australiano e neozelandese per beni e servizi europei.
Dal lato commerciale, i dati dimostrano già un buon livello di scambi bilaterali UE–Oceania: ad esempio, l’UE esporta in Nuova Zelanda circa 5,5 miliardi di euro di beni all’anno, importandone 2,3 miliardi, con un surplus di 3,2 miliardi [23]. L’accordo di libero scambio UE–NZ prevede l’eliminazione della quasi totalità dei dazi su merci (agroalimentari esclusi, dove verranno ridotti con step programmati), creando opportunità sia per gli esportatori UE sia per quelli NZ. Un’analisi d’impatto prevede che, con l’eliminazione delle tariffe, i flussi bilateralmente cresceranno del 30% [24]. Questi numeri testimonierebbero un’ulteriore apertura dei mercati pacifici e un incremento degli investimenti cross-border (si stima +80% di investimenti UE in NZ dopo l’entrata in vigore dell’accordo).
Anche nel campo dei servizi (turismo, istruzione, ingegneria, IT) l’integrazione è destinata a crescere. I cittadini italiani potrebbero essere facilitati, ad esempio, dai visti di lavoro o studio in programmi di cooperazione, mentre imprese di servizi professionali (ingegneria, architettura, finanza) avrebbero accordi di reciproco riconoscimento o agevolazioni. Complessivamente, le politiche di libero scambio in Asia-Pacifico mirano a costruire un ambiente commerciale regolare e coerente. Ciò favorisce le imprese italiane riducendo rischi di dazi imprevisti e potenziando le prospettive di business. In quest’ottica, anche iniziative multilaterali come l’Indo-Pacific Economic Framework (IPEF) proposto dagli USA mirano a integrare ulteriormente le economie della regione, aprendo spazi di cooperazione sulle regole commerciali e sugli investimenti. Sebbene non si tratti di un trattato di libero scambio formale, l’atteggiamento generale dell’area verso la diversificazione commerciale può giovare alle imprese italiane interessate a collaborazioni transpacifiche.
Vantaggi competitivi di Australia e Nuova Zelanda
Australia e Nuova Zelanda offrono una combinazione di vantaggi strategici per chi si espande nell’Indo-Pacifico:
- Posizione geografica e logistica: entrambe fungono da hub logistici. Da Sydney o Auckland è facile raggiungere con voli diretti gli hub asiatici (Singapore, Hong Kong, Tokyo) in poche ore. Le catene di approvvigionamento globali possono transitare via Australia senza dover passare sempre per mercati più affollati. Inoltre, la debole densità di popolazione e l’abbondanza di terre fertili in Oceania consentono investimenti agricoli (contratti di fornitura, joint-venture nella produzione agro-alimentare) con costi competitivi.
- Stabilità politica ed economica: i due Paesi sono membri del G20 (per l’Australia) e dell’Ocse, con conti pubblici sani e regole fiscali trasparenti. La politica è stabile e predicibile: i contratti internazionali sono ben tutelati. Questo rassicura gli investitori italiani, che possono contare su tassi di cambio relativamente stabili (dollaro australiano e neozelandese) e su un ambiente regolatorio favorevole.
- Ambiente business-friendly: le normative sono chiare, e esistono vari strumenti di sostegno alle imprese straniere (ad es. visti per investitori e facilitazioni fiscali in settori come R&S, innovazione e manifattura ad alta tecnologia). L’inglese come lingua ufficiale minimizza le barriere comunicative e facilita le joint-venture. I due Paesi hanno un forte capitale umano e infrastrutture di ricerca (università, centri tecnologici) che possono collaborare con imprese italiane su progetti di innovazione congiunti.
- Popolazione multietnica e multilingue: grazie ai flussi migratori storici e contemporanei provenienti da numerosi Paesi dell’Indo-Pacifico, Australia e Nuova Zelanda vantano società fortemente multiculturali. Una larga parte della popolazione è bilingue o parla più lingue, tra cui il cinese, il vietnamita, l’hindi, il tagalog e altre lingue asiatiche. A ciò si aggiunge l’elevato numero di studenti internazionali provenienti dall’Indo-Pacifico che scelgono l’Australia o la Nuova Zelanda per i propri studi universitari, creando reti di contatto e relazioni durature anche oltre il periodo accademico. Questo rappresenta un asset importante per le imprese italiane interessate ad avvicinarsi ai mercati asiatici, poiché facilita la mediazione culturale, le attività commerciali e il dialogo interculturale.
- Sicurezza e trasparenza: Australia e Nuova Zelanda sono tra i Paesi con i più bassi livelli di criminalità e corruzione al mondo. Questo si traduce in una maggiore tranquillità per cittadini e imprese, un sistema giudiziario efficiente e una pubblica amministrazione affidabile. Per le aziende italiane, significa poter operare in un contesto sicuro, equo e trasparente.
- Vicini ai mercati dinamici: Australia e Nuova Zelanda non solo guardano all’Asia, ma ne fanno parte: partecipano a forum regionali (APEC, ASEAN+3, QUAD, ecc.) che modellano l’economia dell’Indo-Pacifico. Questo consente alle aziende basate in Oceania di influenzare (o subire) rapidamente i cambiamenti regolatori del continente, in modo da poter anticipare strategie. Per l’Italia, avere un “rappresentante” stabile in Oceania significa avere un osservatorio avanzato delle tendenze asiatiche.
In breve, insediare attività in Australia o Nuova Zelanda significa beneficiare della loro efficienza organizzativa anglosassone, stabilità, multietnicità, trasparenza e qualità delle infrastrutture, pur rimanendo “collegati via cavo” a tutta l’Asia. Questi vantaggi rendono le due economie australiane e neozelandesi un trampolino di lancio ideale per le imprese italiane che intendono penetrare il mercato indopacifico, perché riducono significativamente i rischi aziendali legati a instabilità politica o barriere linguistiche, offrendo allo stesso tempo un facile accesso ai mercati ad elevata crescita.

Conclusioni
L’era dell'Indo-Pacifico segna un cambiamento epocale nell’economia globale: l’asse produttivo e commerciale si è ormai spostato verso est. Le imprese italiane non possono ignorare questo trend se vogliono cogliere le migliori opportunità di sviluppo nel prossimo decennio. Australia e Nuova Zelanda, come punti focali dell’area, offrono un ambiente sicuro e dinamico per iniziare tale espansione. Grazie a crescita economica sostenuta, vasti mercati interni, politiche di apertura commerciale e leadership nell’innovazione verde, queste due nazioni sono la base operativa perfetta. Le statistiche e gli accordi internazionali confermano come l’Indo-Pacifico sia già oggi il fulcro della crescita mondiale. In questo contesto, guardare a sud verso l’Oceania – con i suoi vantaggi strutturali e l’accesso privilegiato al commercio asiatico – rappresenta per le imprese italiane una scelta strategica vincente.
In sintesi, l’Agenzia ICE incoraggia le imprese e le associazioni italiane a interpretare la “nuova rotta Indo-Pacifico” come un’occasione senza precedenti. Investire in Australia e Nuova Zelanda, stringere alleanze con operatori locali e partecipare attivamente alle nuove reti commerciali dell’Indo-Pacifico può aprire mercati immensi e dinamici. Con i dati attuali di crescita economica, urbanizzazione e cooperazione internazionale, è chiaro che il futuro del commercio globale passerà sempre più per questa regione: chi saprà posizionarsi ora con chiarezza e visione long-term potrà raccogliere i frutti di tale rivoluzione economica.
Fonti e approfondimenti
[1] Asia-Pacific Population and Development Report 2023 un-ilibrary.org
[2] EU and Indo-Pacific: natural partners ec.europa.eu/commission/
[3] Stimson's Indo-Pacific Initiative stimson.org
[4] Regional Economic Outlook for Asia and Pacific April 2024 imf.org
[5] Regional Economic Outlook for Asia and Pacific November 2024 imf.org
[6] Asia: The epicenter of global trade shifts mckinsey.com
[7] UN forum underscores need for collaborative action to ensure crisis resilient urban futures unescap.org
[8] Asia-pacific Trade and Investment Trends 2021/2022 unescap.org
[9] Asia: The epicenter of global trade shifts mckinsey.com
[10] RCEP overview mfat.govt.nz
[11] Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership weforum.org
[12] Regional Economic Outlook for Asia and Pacific November 2024 imf.org
[13] Accordo di libero scambio UE-Nuova Zelanda trade.ec.europa.eutrade.ec.europa.eu
[14] RCEP overview mfat.govt.nz
[15] Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership weforum.org
[16] Nuova Zealanda Scheda Paese ice.it
[17] Australian Government: Infrastructure Investment Program investment.infrastructure.gov.au
[18] The EU in the Indo-Pacific: A New Strategy with Implications for ASEAN fulcrum.org
[19] Clean Energy Australia report cleanenergycouncil.org.au
[20] New Zealand 2023 iea.org
[21] Clean Energy Australia report cleanenergycouncil.org.au
[22] New Zealand 2023 iea.org
[23] Accordo di libero scambio UE-Nuova Zelanda trade.ec.europa.eu
[24] Accordo di libero scambio UE-Nuova Zelanda trade.ec.europa.eu